Da una manciata di anni il mondo dei social media è attraversato da un fenomeno che fino ad allora era esclusivo del mondo criminale: i pentiti. Loro non si definiscono in questo modo, ma preferiscono un più ragionevole “obiettori di coscienza”. Loro sono un gruppo sempre più nutrito di importanti esponenti del mondo dei social media, come Sean Parker e Chamath Palihapitiya due importanti ex manager di Facebook. Entrambi, negli ultimi mesi del 2017 a distanza di pochi giorni rilasciarono dichiarazioni molto forti sull’incidenza dei social network nella vita delle persone. Dopo aver confessato di sentirsi “tremendamente colpevoli” per il loro lavoro nel mondo dei social consigliarono agli utenti di prendersi una pausa dai vari Facebook, Twitter, Instagram ecc… sostenendo che tali piattaforme modificano le relazioni degli individui con la società e con gli altri, sfruttando la vulnerabilità della psicologia umana.
Insieme ad altre testimonianze di esperti del settore, queste affermazioni sono state riprese e divulgate con grande risonanza dal docufilm prodotto nel 2020 da Netflix “The social Dilemma”. Il messaggio dato in pasto al grande pubblico è lapidario: i social non solo riescono a condizionare le nostre preferenze, ma operano una vera e proprio manipolazione del comportamento umano al fine di generare profitti. Come sarebbe possibile? Filtrando le relazioni con gli altri e il nostro contatto con il mondo, i dispositivi elettronici alterano i meccanismi di gratificazione personale: alla proverbiale pacca sulla spalla, allo sguardo di approvazione e alla lacrima di commozione si sono sostituiti i like e le emoticons. Su questo automatismo si sviluppa poi una complessa dinamica tra il bisogno di sentirsi apprezzati, il riconoscimento virtuale da parte degli altri e la dipendenza dai social network che depotenzia la ricchezza del vissuto e spinge a chiudersi in se stessi. Bramoso di likes, l’utente non avrebbe bisogno di altro se non del suo smartphone. Un agnellino sacrificale in mezzo ai feroci lupi degli spot pubblicitari. Siamo abituati ormai da tempo a farci dire come spendere i nostri soldi. Niente di nuovo.
Il vero tema è un altro: se i meccanismi utilizzati dai social riescono realmente a modificare i nostri modi di fare e di pensare allora dobbiamo chiederci in che misura tutto questo possa alterare la vera ricchezza che possediamo come persone, cioè le relazioni umane. È questa la sfida che tenteremo di affrontare il 20 maggio con il nostro relatore Bruno Mastroianni esperto e ricercatore in comunicazione e social media, durante l’incontro online organizzato dalla Pastorale Familiare e dall’Area famiglia e vita di Azione Cattolica della nostra Diocesi. Più precisamente sarà prestata particolare attenzione ai possibili effetti generati dal diffuso utilizzo dei social network sulle relazioni all’interno della famiglia. Le relazioni online depotenziano la nostra capacità a sperimentare l’intimità e l’empatia che stanno alla base dei rapporti interpersonali profondi e affettivi, accrescendo la rilevanza delle relazioni virtuali. L’ambiente familiare non può considerarsi immune da tali dinamiche. Il legame genitori figli si allarga inevitabilmente con la presenza di un terzo giocatore che possiede la capacità non solo di essere sempre presente, ma soprattutto di proporre un ricco e variegato menù di principi educativi e comportamentali dal quale l’utente può scegliere quello che ritiene più opportuno. Il legame familiare rischia di perdere significato e incidenza nella vita di individui se sottovalutiamo o rifiutiamo il favoloso mondo dei social.
C’è un dato innegabile dal quale tuttavia non possiamo prescindere ed è che i social e più in generale il nostro “essere connessi” è ormai parte integrante della vita di ciascuno di noi. Non possiamo quindi limitarci a spengere il traffico dati dello smartphone o staccare la spina del modem. I luddisti non ricavarono granché rifiutando dogmaticamente il progresso tecnologico. Del resto non possiamo nemmeno permetterci di rinunciare alle grandi opportunità offerte dai social media. Le relazioni online certamente non possono sostituire quelle in presenza, ma sono in grado di migliorare il campo dei rapporti sociali, imprescindibile per chiunque. Oltre ad azzerare le distanze fisiche, i social network consentono di esprimersi in modo molto più libero, esaltando le abilità delle persone più estroverse e limitando le problematicità relazionali delle persone più chiuse e riservate. Del resto, la pandemia in corso ha mostrato chiaramente quanto tali strumenti possano aiutare a mantenere solide amicizie messe a dura prova dalla lontananza e soprattutto a contenere le conseguenze della “solitudine in presenza”. L’incontro del 20 maggio sarà l’occasione per fare un primo bilancio tra i benefici e le possibilità che i social media ci mettono a disposizione per migliorare la nostra vita e gli effetti negativi che essi generano negli ambiti della nostra esistenza che più ci stanno a cuore e custodiamo gelosamente, come la famiglia.
Mirko Bueti